IMMAGINE DI CASTEL GANDOLFO

Bruno Pizzul l’addio alla voce che ha raccontato l’Italia

Stanotte se n’è andato Bruno Pizzul. Si è spento in ospedale a Gorizia, pochi giorni prima di compiere 87 anni. E con lui se ne va una voce che non era solo la colonna sonora del calcio italiano, ma anche il compagno fedele di generazioni di tifosi, l’eco rassicurante che ha raccontato la nostra passione più grande.

Non ci sarà più quel timbro caldo e inconfondibile, quella gentilezza d’altri tempi che rendeva ogni partita un racconto. Con Bruno Pizzul non c’era urlo sguaiato, non c’era la ricerca forzata dello spettacolo, ma solo classe, misura, competenza e un’ironia sottile, mai invadente. Un pezzo di vita, un pezzo di storia che oggi lascia un vuoto enorme.

Nato a Udine l’8 marzo 1938, prima di diventare giornalista fu calciatore, vestendo le maglie di Udinese, Catania e Ischia. Poi, nel 1969, l’ingresso in Rai. E da lì in avanti, il destino di Pizzul si legò indissolubilmente a quello della Nazionale italiana. Per più di 30 anni, fu lui la voce che accompagnò gli Azzurri nelle gioie e nei dolori, nelle vittorie sofferte e nelle sconfitte brucianti. Sempre con quell’eleganza d’animo che oggi sembra quasi un lusso d’altri tempi.

Come dimenticare il suo commento durante la tragedia dell’Heysel nel 1985? “Una serata che avremmo voluto raccontare in tutt’altro modo”, disse, con la voce spezzata dalla commozione. O le “Notti Magiche” di Italia ’90, vissute con la speranza di un’intera nazione? Quella semifinale contro l’Argentina, terminata con la delusione ai rigori, e il suo mesto “e purtroppo…” che ancora oggi risuona nella memoria di chi c’era.

Il suo stile era fatto di frasi diventate leggenda, espressioni che chiunque abbia amato il calcio negli ultimi 50 anni può sentire riecheggiare nella mente. Partendo da “Tutto molto bello” (pronunciato per elogiare lo spettacolo in campo) a “Grappolo d’uomini” (la mischia in area di rigore prima di un calcio d’angolo), poi “Cincischia” (il perder tempo con la palla fra i piedi), e “Bandolo della matassa” (dal giocatore che trova la soluzione in un momento critico), “Sventola da fuori” (a indicare un gran tiro dal fuori area), senza dimenticare “partiti” e “ed è gol”. “Ha il problema di girarsi”, diceva di quei giocatori macchinosi che impiegavano un’eternità a concludere. ” “Dino… Roberto… di nuovo Dino”, quasi un involontario scioglilingua per nominare i due Baggio soltanto omonimi.

Il leggendario “cucchiaio” di Totti

Chi può dimenticare il celebre “cucchiaio” di Totti durante la lotteria dei rigori nella semifinale di Euro 2000 tra Olanda e Italia? Bruno Pizzul, con il suo inconfondibile stile, commentò quel gesto con una perla destinata a restare nella storia: “Totti. Eeeee segna anche Totti, ha rischiato l’impossibile. Ha beffato Van der Sar con un tiretto. Panenka aveva tentato la stessa cosa nella finale europea tra Jugoslavia e Cecoslovacchia.” Un commento che ha reso ancora più epico uno dei momenti più iconici della carriera del capitano giallorosso.

E poi la sua grande passione per il vino e la convivialità. “Bisogna bere per dimenticare”, diceva ridendo dopo una sconfitta particolarmente amara. “Situazione che si fa interessante”, quando l’incontro prendeva una piega inaspettata. Quella sua cadenza friulana, il suo stile sobrio, mai sopra le righe, erano una rarità in un mondo che col tempo ha preferito il clamore alla sostanza.

Nel 2002, dopo il Mondiale in Corea e Giappone, lasciò la telecronaca della Nazionale. “Era il momento giusto”, disse con la solita umiltà, come se non sapesse che l’Italia intera avrebbe continuato a desiderare la sua voce, ancora e ancora.

Oggi il calcio italiano perde non solo un giornalista, ma un punto di riferimento. Un uomo capace di raccontare lo sport con un’eleganza che sembra ormai perduta. Ci mancherà il suo modo di dire, di raccontare, di accompagnarci tra un dribbling e un colpo di testa. Ci mancherà il suo stile inconfondibile, quella pacatezza che rendeva persino le sconfitte più sopportabili.

“E purtroppo…”. Questa volta per davvero. Addio, Bruno.

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